Riceviamo e volentieri pubblichiamo da Giovanni Iannello Leone
Catania 26 febbraio 2019
C’è molta attesa (tra timori ed aspettative panaceutiche) per cosiddetto “reddito di cittadinanza” nella versione italiana 2018-19. Un argomento maledettamente serio ed importante che necessiterebbe di attente e serene valutazioni e grande accortezza politica. Appare sconfortante invece quanto si apprende da talune bozze di proposte di ammortizzatori sociali (cui il reddito di cittadinanza modello iso-It2019 sembra pienamente appartenere) ed appare di maggior sconforto la (autoesaltante o denigratoria, a seconda delle parti) classificazione di tale bozza come ascrivibile al pensiero politico ed economico keynesiano.
Una simile categorizzazione è contestabile per almeno due motivi di cui il primo è che la proposta attuale non è ascrivibile né alla politica, né all’economia, né tanto meno al pensiero, quanto piuttosto all’antico rito del Panem et circenses ed a una rivisitazione post-democristiana della usuale pratica di assistenzialismo (becero, paternalista, conservatore e bismarckiano) lontanissima da quella idea di Stato sociale tipica del pensiero liberaldemocratico che gli assegna il duplice ruolo (a) di immediato pronto soccorso contro la miseria e (b) di normale opportunità per emanciparsi dalla miseria.
Peggio … sembra appartenere alla umiliante pratica achillelauriana della compera di voti (mezza banconota prima delle europee, mezza dopo, se questo governo resiste) o all’asservimento del voto di scambio.
La categorizzazione con una sbrigativa attribuzione ad un incolpevole Keynes è altresì contestabile per un secondo motivo, in uno doveroso dissociarsi da un infondato torto al pensiero keynesiano, in quanto tale abbozzo di munificenza statale esprime “Tutto il contrario di quello che sosteneva Keynes, il quale, dando peso alla dignità dell’uomo, si poneva l’obiettivo del pieno impiego e non quello, del tutto contrapposto, del sussidio generalizzato” Così si esprimeva il Federico Caffè in una intervista curata da Valentina Parlato e pubblicata ne “Il Manifesto” del 14 novembre 1979.
Non diamo a Keynes quello che non è di Keynes dunque e non diamo etichette di politica economica a quello che politica economica non è!
Non sono contrario ad una seria proposta di reddito di cittadinanza, che però vedo piuttosto come ciliegia sulla torta di una economia sana e di produzione in crescita (sia di PIL, sia di indice di felicità, nella lezione di vita, oltre che di economia, dataci da Sen e Nussbaum) od anche come elemento ben ponderato, contestuale ad una reale e realistica manovra economica di sviluppo economico, sociale e politico.
Impensabile in una fase in cui il proscenio politico è utilizzato per modeste rappresentazioni di modestissimi ego ad un “tanto al chilo”, per sorrisi smaglianti post-berlusconiani, per cambi di casacca ed abuso di onorate divise, per interscambiabili ed adattabili “prima taluni o talaltri”, per fregature che mistificano come pubblica sicurezza l’opposto addossare al privato cittadino una sicurezza ex-pubblica che si vuol privatizzare con l’individuale armarsi e con lo sparare criminalmente spacciato come sempre legittimo, per proclami comiziali e/o comici.


Massimo Bernacconi é l’anima di Candidati Senza Voce, nonché l’elemento trainante…