CSV lombardia
enrico scarpini
Ritratto di un cantone che vede nero: «Manca la positività di Zurigo»
In Ticino i decessi superano le nascite e il turismo langue. L’imprenditore Stefano Artioli striglia la politica: «Mancano programmi. Coi santini e gli aperitivi non si genera ricchezza»
LUGANO – È una sberla statistica che fa male perché rafforza la percezione di un cantone che ha smarrito la fiducia nel domani. Non ci sono molti dubbi sull’interpretazione delle cifre sul movimento naturale della popolazione diffuse ieri dall’Ufficio federale di statistica. Quei numeri dicono che in Ticino morire è una certezza, nascere più che altrove una scommessa. E difatti siamo ultimi in Svizzera con un saldo negativo tra nascite e decessi consistente, costante e con una tendenza al peggioramento: nel 2018 si sono contate 2.478 culle contro 3.134 lutti (saldo meno 656). Il Paese, intanto, marcia in tutt’altra direzione con 85.253 nati e 66.654 morti. Una fossa più che un fossato si spalanca tra sud e nord delle Alpi.
Meno attrattivi – Altri numeri arrivano dal turismo e ci inchiodano anch’essi all’ultimo banco della classe: mentre tutto il Paese brinda all’esplosione dei pernottamenti alberghieri, noi soli l’anno scorso abbiamo registrato un netto calo. Due spie rosse, tra le molte (come gli indici di povertà, tanto per dire).
Una somma di incertezze – Quali i mali che hanno provocato questa paralisi? Stefano Artioli, 58 anni, che con la sua Artisa Holding è impegnato in una miriade di cantieri in tutto il Paese, non si stupisce di questi dati negativi: «Questo è un cantone che somma incertezze su incertezze e i giovani se ne guardano bene dal far figli. Se in una coppia non lavorano in due non sbarchi il lunario. Ma soprattutto in Ticino si parla sempre di negatività, dall’immobiliare all’economia. In altre realtà come Zurigo percepisci invece l’odore del futuro, la positività e la vitalità grazie all’arrivo di nuove aziende».
La generazione assente – Per ripartire cosa occorre? «Ci vuole una profonda riflessione da parte della società. Si addossano colpe alla politica, che però è figlia di questa realtà. Ancora oggi e lo si tocca con mano in queste elezioni, si cerca di raccogliere voti con santini e aperitivi. I grandi assenti sono i programmi. Basta girare qualche appuntamento coi candidati per osservare settantenni famelici attratti solo dal buffet. Grande assente la generazione dai 20 ai 40 anni. Il partito degli astensionisti disilluso perché i politici non sanno proporre soluzioni per le difficoltà di tutti i giorni: dall’affitto, alla casse malati, al lavoro… La metà della società è stufa delle ideologie, vuole programmi che permettano di generare ricchezza e ridistribuirla. Tutto il resto è fumo».
Un’ente turistico autonomo – Ma le parole più dure Artioli le riserva al turismo: «È in crisi? Ma ci si rende conto che una buona parte degli alberghi è fatiscente? Oggi abbiamo infrastrutture vecchie in città che offrono poco. Questo è un paese dormitorio, dove dalle 17 in avanti tutto inizia a spegnersi. Spendiamo milioni per fare quattro feste in centro a Lugano. E il guaio è che si autocelebrano anche. Questo è un disastro annunciato». Destinato, secondo l’imprenditore, a peggiorare: «Gli albergatori hanno capito che c’è Booking? Il problema è il prodotto Paese che non funziona. Non tanto Ticino Turismo che comunque non dovrebbe essere comandato dalla politica. È un sistema vecchio. L’ente turistico deve essere un’organizzazione autonoma e imprenditoriale. Una Sa che guadagna in base ai risultati».
conclusione: al di la’ degli aspetti specifici, la descrizione fatta dei problemi del canton ticino e’ molto simile a quella che descrive i problemi dell’italia…
fonte: ticinonline


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