Di Diego Massarente
Con questo articolo Giancarlo Siani, giornalista de “Il Mattino” di Napoli, firmò la sua condanna a morte.
” 10 giugno 1985.
Potrebbe cambiare la geografia della camorra dopo l’arresto del super latitante Valentino Gionta. Già da tempo, negli ambienti della mala organizzata e nello stesso clan dei Valentini di Torre Annunziata si temeva che il boss venisse «scaricato», ucciso o arrestato.
Il boss della Nuova famiglia che era riuscito a creare un vero e proprio impero della camorra nell’area vesuviana, è stato trasferito al carcere di Poggioreale subito dopo la cattura a Marano l’altro pomeriggio. Verrà interrogato da più magistrati in relazione ai diversi ordini e mandati di cattura che ha accumulato in questi anni. I maggiori interrogativi dovranno essere chiariti, però, dal giudice Guglielmo Palmeri, che si sta occupando dei retroscena della strage di Sant’Alessandro.
Dopo il 26 agosto dell’anno scorso il boss di Torre Annunziata era diventato un personaggio scomodo. La sua cattura potrebbe essere il prezzo pagato dagli stessi Nuvoletta per mettere fine alla guerra con l’altro clan di «Nuova famiglia», i Bardellino. I carabinieri erano da tempo sulle tracce del super latitante che proprio nella zona di Marano, area d’influenza dei Nuvoletta, aveva creduto di trovare rifugio. Ma il boss di Torre Annunziata, negli ultimi anni, aveva voluto «strafare».
La sua ascesa tra il 1981 e il 1982: gli anni della lotta con la «Nuova camorra organizzata» di Raffaele Cutolo. L’11 settembre 1981 a Torre Annunziata vengono eliminati gli ultimi due capizona di Cutolo nell’area vesuviana, Salvatore Montella e Carlo Umberto Cirillo. Da boss indiscusso del contrabbando di sigarette (un affare di miliardi e con la possibilità di avere a disposizione un elevato numero di gregari) Gionta riesce a conquistare il controllo del mercato ittico.
Con una cooperativa, la Do. Gi. pesca (figura la moglie Gemma Donnarumma), mette le mani su interessi di miliardi. È la prima pietra della vera e propria holding che riuscirà a ingrandire negli anni successivi. Come «ambulante ittico», con questa qualifica è iscritto alla Camera di Commercio dal ‘68, fa diversi viaggi in Sicilia dove stabilisce contatti con la mafia. Per chi può disporre di alcune navi per il contrabbando di sigarette (una viene sequestrata a giugno al largo della Grecia, un’altra nelle acque di Capri) non è difficile controllare anche il mercato della droga.
È proprio il traffico dell’eroina uno degli elementi di conflitto con gli altri clan in particolare con gli uomini di Bardellino che a Torre Annunziata avevano conquistato una fetta del mercato. I due ultimatum lanciati da Gionta (il secondo scadeva proprio il 26 agosto) sono alcuni dei motivi che hanno scatenato la strage. Ma il clan dei Valentini tenta di allargarsi anche in altre zone. Il 20 maggio a Torre Annunziata viene ucciso Leopoldo Del Gaudio, boss di Ponte Persica, controllava il mercato dei fiori di Pompei. A luglio Gionta acquista camion e attrezzature per rimettere in piedi anche il mercato della carne. Un settore controllato dal clan degli Alfieri di Boscoreale, legato a Bardellino.
Troppi elementi di contrasto con i rivali che decidono di coalizzarsi per stroncare definitivamente il boss di Torre Annunziata. E tra i 54 mandati di cattura emessi dal Tribunale di Napoli il 3 novembre dell’anno scorso ci sono anche i nomi di Carmine Alfieri e Antonio Bardellino. Con la strage l’attacco è decisivo e mirato a distruggere l’intero clan. Torre Annunziata diventa una zona che scotta. Gionta Valentino un personaggio scomodo anche per gli stessi alleati. Un’ipotesi sulla quale stanno indagando gli inquirenti e che potrebbe segnare una svolta anche nelle alleanze della «Nuova famiglia». Un accordo tra Bardellino e Nuvoletta avrebbe avuto come prezzo proprio l’eliminazione del boss di Torre Annunziata e una nuova distribuzione dei grossi interessi economici dell’area vesuviana. Con la cattura di Valentino Gionta salgono a ventotto i presunti camorristi del clan arrestati da carabinieri e polizia dopo la strage.
Ancora latitanti il fratello del boss, Ernesto Gionta, e il suocero, Pasquale Donnarumma.”
In altre parole diede degli infami ai boss Nuvoletta e Bardellino.
La camorra stava prendendo informazioni su di lui già quando lavorava a Torre Annunziata dove si occupava di presunte (mica poi tanto), infiltrazioni camorriste sull’assegnazione di appalti per la ricostruzione dopo il terremoto dell’Irpinia. Al sindaco addirittura venne chiesto dallo stesso Siani come facevano alcune aziende a vincere con ribassi di poco più di 50mila lire, dimostrando che sia il sindaco che alcuni membri della giunta, ricevevano mazzette per avere la soffiata sulle offerte dei concorrenti.
Ma l’articolo del 10 giugno 1985, fece infuriare i clan, tanto che il giornalista subì delle minacce. Inoltre Siani andò a fare delle conferenze sull’argomento ed infine stava per pubblicare un libro. Per i clan era troppo, dovevano eliminarlo.
Per depistare le indagini l’omicidio doveva consumarsi fuori da Torre Annunziata.
Il 23 settembre 1985, appena giunto sotto casa sua con la propria Citroën Méhari con capote in tela, Siani venne ucciso. Gli sparò una squadra di almeno due assassini mentre era seduto nell’auto. Fu colpito 10 volte in testa da due pistole Beretta 7.65mm: l’agguato avvenne alle 20.50 circa, sotto la sua abitazione, in via Vincenzo Romaniello, a pochi passi da piazza Leonardo, nel quartiere napoletano dell’Arenella.
Ci vollero 12 anni per scoprire gli assassini.
Siani fu uno dei partigiani del secondo dopoguerra. Non possiamo sapere se fosse stato consapevole dei rischi nel dire o peggio scrivere certe cose.
Possiamo però dedurreche la camorra lo ha punito per due motivi: ha scritto quelle che nel gergo si chiamano “infamita’ “. Anche se tutti sanno, le parole se le porta il vento mentre l’inchiostro resta.
Il secondo motivo è invece più profondo. Come si permette un ragazzo napoletano di parlare male della sua terra, magari dei suoi vicini?
Se a scrivere di camorra, l’autore fosse un “padano”, i clan lo considerano uno che cerca popolarità scrivendo romanzi. Un napoletano è considerato un traditore anche dai parenti
La mafia non vuole essere nominata invano. Tutti sanno chi è il boss. Ma tutti anche sanno che se gli lasci condurre i suoi affari, lui ti fa vivere tranquillo. Se hai bisogno di protezione vali da lui, idem per una raccomandazione.
Siani dovrebbe averci insegnato che lo studio è la cultura possono sconfiggere la mafia. Il lavoro il welfare, arrivano da ricerche e non da uno ti promette la luna nel pozzo. La camorra ti presenta una catarsi di ricchezza, potenza, chi non vorrebbe andare al ristorante e non preoccuparsi dei menù? Chi non vorrebbe andare in concessionaria e scegliere l’auto più bella senza preoccuparsi di quanto costa mantenerla? La camorra, nei quartieri più poveri di Napoli offre questo. Ma il prezzo è alto: possono metterti in mano un’arma. Questo è il debito che stringi con lei.
Ma quel giornalista oggi, se fosse vivo, sarebbe etichettato come zecca rossa, o come un comunista col Rolex.


Massimo Bernacconi é l’anima di Candidati Senza Voce, nonché l’elemento trainante…