IRAN: CONTRATTI PER 50 MILIARDI DI EURO CON ITALIA E FRANCIA
-Maurizio Noris-
Con la rimozione delle sanzioni iraniane il mondo occidentale sta facendo a gara per entrare in affari con Teheran.
La repubblica islamica rappresenta un mercato con potenzialità di crescita notevoli e l’Europa, con un’inflazione che stenta a salire, non può assolutamente perdere un’occasione simile.
Il presidente Hassan Rouhani ha già firmato con Italia e Francia, secondo l’Economist, contratti per circa 50 miliardi di euro, principalmente nei settori dei trasporti, infrastrutture e idrocarburi.
Per l’Italia, durante l’ormai celeberrima visita all’ombra delle scatole capitoline, si parla di circa 17 miliardi di euro.
Rai News riporta 7 accordi istituzionali e 10 industriali (l’elenco completo nel link in calce al post): memorandum ministeriali, l’accordo in favore di Sace (il gruppo assicurativo-finanziario deteneva crediti insoluti causa sanzioni), contratti per la fornitura di macchine, impianti, potenziamento ferroviario e dei trasporti.
5 miliardi di dollari andranno alla Saipem grazie alla realizzazione di un gasdotto di 1.800 km e all’upgrade delle raffinerie di Pars Shiraz e Tabriz.
Per la controllata Eni (ora ceduta per il 12% alla Cassa depositi e prestiti) la firma rappresenta letteralmente un miracolo, dopo la perdita del South Stream e il crollo del prezzo del petrolio che ne avevano minato la stabilità.
La Francia ha siglato invece accordi per l’acquisto di 118 Airbus (circa 23 miliardi di euro, un contratto gigantesco), una joint venture tra PSA Peugeot Citroen e Khodro per circa 400 milioni di euro di investimenti, una partnership con Total e un piano di espansione per l’aeroporto di Tehran.
È di pochi giorni fa la notizia che Russia e Iran hanno firmato un accordo sulla rimozione dei visti: libera circolazione per turisti e business senza più alcun obbligo consolare.
A livello commerciale, invece, potrebbe essere finalmente firmato l’accordo precedente al 2010 per la vendita degli S-300 (sistemi missilistici terra-aria a lungo raggio), per un valore di almeno 800 milioni di dollari.
Il PIL annuo dell’Iran nel 2014 si aggirava attorno ai 425 miliardi di dollari (circa un quinto di quello italiano), ma il suo debito pubblico è estremamente basso, circa il 18% (in Italia è più del 130%).
Il paese è classificato con un rischio sovrano B (l’Italia è BB): il pericolo maggiore è rappresentato dal prezzo del petrolio ma, sulla base di ottime previsioni di crescita il giudizio potrebbe cambiere in futuro (FMI stima un 4-5% grazie alla rimozione delle sanzioni, da un valore odierno di circa zero).
Si parla inoltre di almeno 30 miliardi di dollari congelati dalle sanzioni che potranno essere recuperati nel breve periodo, e di circa 15 miliardi risparmiati nelle spese di trading (sempre grazie al ritiro delle sanzioni).
Come già analizzato nei precedenti post (https://www.facebook.com/CandidatiSenzaVoce/posts/503215693191708), l’export del petrolio incide per il 29.4% sul PIL (22.8% al netto dei costi di produzione): produrre un barile di petrolio avrebbe un costo di circa 5,4 $.
Attualmente l’Iran produce circa 3.3 milioni di barili al giorno, ma potrebbe aumentare la produzione di un ulteriore milione (incrementando così i profitti lordi di altri 10 miliardi di dollari il prossimo anno).
Questo influenzerà direttamente, come più volte sottolineato, il prezzo del greggio: ricordiamo che l’offerta mondiale supera già di almeno 2 milioni di barili al giorno la domanda mondiale e che i siti di stoccaggio sono quasi pieni.
L’Iran rappresenta, nel mondo islamico, il polo sciita in contrapposizione a quello sunnita dell’Arabia Saudita. I due paesi sono gli antipodi e le guerre in Siria e Yemen ne sono la testimonianza (la Siria è un passaggio obbligato per i due paesi che vorrebbero esportare gas verso l’Europa): l’ottimismo con cui i mercati sperano in un taglio di produzione e un’accordo tra paesi Opec e non-Opec pare al momento decisamente eccessivo.


Massimo Bernacconi é l’anima di Candidati Senza Voce, nonché l’elemento trainante…