ACCADDE OGGI, IL 4 GIUGNO 1994
MUORE MASSIMO TROISI
Il suo beliissimo cuore, da tempo ammalato, lo ha tradito. e lui ci ha lasciato. Ma solo fisicamente. Perchè il suo ricordo non si è mai appannato. Nessuno, in questi vent’anni, ha dimenticato lui ne’ l’originalità dirompente dei suoi film che sbancarono i botteghini e svecchiarono la commedia italiana.
Massimo non è stato soltanto un grande comico, un eroe del cinema dialettale. Ha incarnato una napoletanità del tutto inedita, sganciata dagli stereotipi e in sintonia con i sentimenti delle nuove generazioni, la voglia di viaggiare dei giovani, il ribaltamento del tradizionale rapporto-uomo donna. Niente più pizza e mandolini, tantomeno personaggi rassegnati o malandrini eredi della commedia dell’arte: il nuovo napoletano di Troisi appartiene alla cultura del post-terremoto, è ironico, tormentato, vittima della nevrosi cittadina. E si accompagna immancabilmente a donne forti, figlie del femminismo, abituate a decidere della propria vita e a sovrastare i maschi come la Marta di Ricomincio da tre. Il Troisi cinematografico lascia la sua città perché ha voglia di fare esperienze diverse e conoscere nuove realtà, come sintetizza efficacemente la battuta-tormentone di Ricomincio da tre «Sono napoletano ma non sono emigrato»,
«Massimo non era un attore, ma un intellettuale meridionale concentrato sull’analisi del Sud», ha detto Ettore Scola, «Mentre a Eduardo interessavano l’uomo e la psicologia napoletana, fatta di furbizia e saggezza, Massimo era una persona malinconica e notturna che cercava l’ombra del carattere della sua gente, e rifiutava, come me, i luoghi comuni sul meridione: la retorica, l’esagerazione, l’ostentata familiarità».
E secondo Erri De Luca, l’attore ha avuto il merito di riassumere con leggerezza «e senza alcuna aggressività» le debolezze del napoletano «che vive in un clima oppressivo e sotto la minaccia costante del vulcano» in un’epoca in cui ad aver voce erano soprattutto le vittime della camorra.
Enzo Decaro, che con Troisi divise la giovanile esperienza nel gruppo della Smorfia, racconta: «Eravamo i figli della Napoli anni 70, culturalmente molto ricca, e volevamo abbattere i luoghi comuni. Portavamo il nostro punto di vista semplice ma paradossale, sempre ironico, sulle debolezze della vita. Desideravamo innanzitutto comunicare. E solo in seconda battuta, eventualmente, avere successo».
Ci mancheranno i suoi film che avrebbe potuto girare, ma ci faranno compagnia quelli che ci ha regalato, che vedremo e rivedremo chissà quante altre volte. Ma lui no, perchè non abbiamo bisogno di ricordarlo: lui è sempre stato nei nostri cuori. E’ un INDIMENTICABILE.
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