ACCADDE OGGI IL 16 GENNAIO 1969, IAN PALACH SI DIEDE FUOCO A PRAGA.Un tranviere fu testimone. La sua attenzione fu attirata da un ragazzo ai piedi della scalinata, davanti al museo nazionale, in piazza Venceslao a Praga: si stupì nel vedere che si inzuppava gli abiti con il contenuto di una lattina bianca: appena si accorse che aveva acceso con gesto rapido un fiammifero, fu abbagliato da una vampata. L’ urlo di dolore e il corpo in preda alle fiamme che si contorceva sul selciato paralizzarono la folla: una folla fitta a quell’ora sulla piazza più vasta della città, la piazza che i carri armati sovietici avevano presidiato a lungo nell’estate. Mille sguardi rimasero puntati immobili, esterrefatti, sulla torcia umana. Il primo a muoversi fu il bravo tranviere che aveva seguito fin dall’inizio le strane, veloci mosse di Jan: si tolse il cappotto e lo gettò sul giovane per spegnere le fiamme. L’udì gridare: “La lettera, salvi la lettera”. (Da un racconto di Bernardo Valle su Repubblica)In un sacco a tracolla molto distante dalle fiamme, tra le dichiarazioni trovate fra i suoi quaderni, spiccava questa:« Poiché i nostri popoli sono sull’orlo della disperazione e della rassegnazione, abbiamo deciso di esprimere la nostra protesta e di scuotere la coscienza del popolo. Il nostro gruppo è costituito da volontari, pronti a bruciarsi per la nostra causa. Poiché ho avuto l’onore di estrarre il numero 1, è mio diritto scrivere la prima lettera ed essere la prima torcia umana. Noi esigiamo l’abolizione della censura e la proibizione di Zpravy (giornale delle forze d’occupazione sovietiche -n.d.r.-). Se le nostre richieste non saranno esaudite entro cinque giorni, il 21 gennaio 1969, e se il nostro popolo non darà un sostegno sufficiente a quelle richieste, con uno sciopero generale e illimitato, una nuova torcia s’infiammerà »La sua terribile agonia durò tre giorni, durante i quali rimase sempre lucido. Incerta la data del funerale, al quale parteciparono 600.000 persone provenienti da tutto il paese.Per questo gesto estremo, Palach venne considerato dagli antisovietici come un eroe e martire; in città e paesi di molte nazioni furono intitolate strade con il suo nome. Questo clima portò a drammatiche conseguenze: almeno altri sette studenti, tra cui l’amico Jan Zajíc, seguirono il suo esempio e si tolsero la vita, nel silenzio degli organi d’informazione, controllati dalle forze d’invasione.Iscritto alla Facoltà di filosofia dell’Università Carlo IV di Praga, Jan assistette con interesse alla stagione riformista del suo paese, chiamata Primavera di Praga, grazie ad Alexander Dubcek, che salì al potere il 5 gennaio 1968. Nel giro di pochi mesi, però, quest’esperienza fu repressa militarmente dalle truppe dell’Unione Sovietica e degli altri paesi che aderivano al Patto di Varsavia.Era nato a Praga l’11 agosto 1948. Aveva da poco compiuto vent’anni, era un ragazzino.

